Un chiodo da carpentiere
di 12 centimetri, sezione quadrata,
facce a spigolo che incidono le ossa, penetra nel polso,
tra l’ulna e il radio.
Un punto preciso
scelto dall’esperto
per far durare a lungo la tortura
e non lacerare le membra.
La mano che aveva guarito
il cieco e il paralitico, che aveva benedetto
e spezzato il Pane, versato il Vino,
si contrae nello spasimo: le dita artigliano l’aria
contorcendosi
per cercare…la mia mano.
Poi lo strappo verso l’alto,
per innalzare il braccio orizzontale
della croce,
la distende di nuovo, aperta, bianca, dissanguata,
tesa nell’agonia del respiro spezzato
e del sangue,
che esce a fiotti sotto il chiodo,
versato per amore,
solo per amore.
Ora essa aderisce completamente
al duro legno…
aspetta che,
tolto il chiodo,
vi sovrapponga la mia
per guarirmela.
Mino