In cammino verso il Credo – PdF 2018

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La Professione di Fede è il momento in cui per la prima volta, in modo consapevole e autonomo, professo davanti alla mia comunità il  mio scegliere di essere e vivere da cristiano. Ma cosa vuol dire credere? Come Gesù ci educa alla Fede?

Nella società di oggi si sente parlare spesso di crisi della “Fede”, che rivela una debolezza del credere umano, una difficoltà ad avere fiducia nell’altro, un’incapacità di coltivare la propria spiritualità e credere nell’amore di Gesù risorto. 

Con il cammino della Professione di Fede vogliamo portare i nostri ragazzi di terza media a sperimentare la Fede non come un concetto astratto o un vago sentimento, ma un atteggiamento vitale che coinvolge l’intera persona esprimendosi nel loro quotidiano. Lo strumento che ci guiderà sarà proprio il Credo, preghiera antichissima, risalente all’epoca dei primi cristiani. 

Di seguito riportiamo le tappe a cui i ragazzi sono chiamati a partecipare. Ogni tappa richiamerà un aspetto della nostra fede.

  • Sabato 10 Febbraio dalle 17.00 alle 21.00         introduzione al cammino
  • Venerdì 23 Febbraio dalle 17.00 alle 21.00       tappa del Padre 
  • Sabato 17 Marzo dalle 8.30 alle 15.00                tappa del Figlio 
  • Sabato 14 Aprile dalle 15.00 alle 19.00              tappa dello Spirito
  • Domenica 6 maggio dalle 15.00 alle 19.00        tappa della Chiesa
  • Sabato 19 maggio dalle 15.00 alle 19.00            ritiro finale
  • Domenica 20 maggio alla messa delle 10.00   Professione di Fede

 

“Dov’è tuo fratello?” Quando a condannare a morte è l’indifferenza.

veglia della pace

Intervento di Michele della Comunità di Sant’Egidio alla veglia della Pace

“Dov’è tuo fratello?”. Con questa domanda Dio, nel libro della Genesi, all’inizio della Bibbia e quindi della storia della salvezza, si rivolge a Caino. Sappiamo che Caino prova a sostenere di non essere il custode del proprio fratello e sappiamo che a Dio questa risposta non piace.

Molti nostri fratelli e fra di loro tanti bambini, tentano di attraversare il Mediterraneo con imbarcazioni inadeguate, sfruttati e ricattati dai trafficanti di uomini. I nostri fratelli sopportano sofferenze di ogni genere: torture, privazione di cibo, acqua, vestiti e sonno. Partono lasciando persone care o perdendole durante il viaggio. Affrontano marce terribili nel cuore dell’Europa, rimanendo bloccati e assiderati ai confini dei Paesi dell’Unione.

La Comunità di Sant’Egidio si è quindi chiesta come rendere più semplice l’accesso alla protezione internazionale, evitando agli aventi diritto questa terribile prova “della vita”.

Sono così nati i corridoi umanitari, un progetto-pilota, realizzato dalla Comunità di Sant’Egidio con la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia e la Tavola Valdese, completamente autofinanziato.

Ha come principali obiettivi evitare i viaggi con i barconi nel Mediterraneo, che hanno già provocato un numero altissimo di morti, tra cui molti bambini; impedire lo sfruttamento dei trafficanti di uomini che fanno affari con chi fugge dalle guerre; concedere a persone in “condizioni di vulnerabilità” (ad esempio, oltre a vittime di persecuzioni, torture e violenze, famiglie con bambini, anziani, malati, persone con disabilità) un ingresso legale sul territorio italiano con visto umanitario e la possibilità di presentare successivamente domanda di asilo.

E’ un modo sicuro per tutti, sia per i profughi, sia per il Paese ospitante, perché il rilascio dei visti umanitari prevede i necessari controlli da parte delle autorità italiane.

I corridoi umanitari sono frutto di un Protocollo d’intesa tra la Comunità di Sant’Egidio, la Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, la Tavola Valdese e il governo italiano, stipulato nel dicembre 2015.

Le associazioni inviano sul posto dei volontari, che prendono contatti diretti con i rifugiati nei paesi interessati dal progetto, predispongono una lista di potenziali beneficiari da trasmettere alle autorità consolari italiane, che dopo il controllo da parte del Ministero dell’Interno rilasciano dei visti umanitari con Validità Territoriale Limitata, validi dunque solo per l’Italia. Una volta arrivati in Italia legalmente e in sicurezza, i profughi potranno presentare domanda di asilo.

Giunti in Italia, l’accoglienza ai profughi è sostenuta economicamente dall’iniziativa delle associazioni e degli uomini e delle donne di buona volontà, senza utilizzo di denaro pubblico.

In Lombardia la Comunità ha accolto una famiglia composta da una madre con un figlio adolescente la cui vita è stata sconvolta dalla lunga e terribile guerra in Siria. La guerra ha diviso la loro famiglia, separandone i componenti. La mamma con un figlio sono qui, per l’appunto. Altri figli vivono in Germania ed il padre è purtroppo ancora in Siria, vivendo nella speranza di poter partire. La guerra ha tolto loro la normalità della vita quotidiana: il lavoro (Huda è un medico, la sua famiglia conduceva una vita borghese, potremmo dire), le relazioni umane ed il rapporto con la morte, che non arriva per una tragica fatalità o per malattia, ma può arrivare da un momento all’altro per lo scoppio di una bomba o per un’esecuzione sommaria.

È proprio per sostenere la loro accoglienza che la Comunità utilizza il denaro raccolto presso la vostra parrocchia.

“Dov’è tuo fratello?”. Abele il Giusto viene deliberatamente ucciso da Caino, ma a condannare a morte i giusti vi è l’indifferenza.

Proprio in questi giorni di Memoria dell’orrore della Shoah, è stata nominata Senatrice a vita Lilia Segre, una cara amica della Comunità, deportata il 30 gennaio del ’43 col padre e con molti altri ebrei milanesi. Mani che non si muovono per gli altri, cuori che non si commuovono davanti ai poveri e che non si ribellano all’ingiustizia.

Liliana ha voluto che la parola “Indifferenza” fosse scolpita a caratteri cubitali all’ingresso del Memoriale del Binario 21 e ci dice che l’indifferenza che un tempo ha colpito la sua comunità, oggi colpisce tanti profughi.

I corridoi sono dunque un ponte che buca i tanti muri di indifferenza eretti nel mondo e nei nostri cuori e vogliono essere anche un modello, da copiare, da esportare. Così ha fatto la CEI con l’aiuto di Caritas e così hanno fatto le Conferenze Episcopali in Francia e Polonia.

Con i corridoi scopriamo che anche la solidarietà può essere contagiosa e scopriamo che la carità è fondamento anche del dialogo ecumenico.

veglia della pace 2

FESTA DELLA FAMIGLIA

famiglia

Il 28 gennaio festeggeremo la Santa Famiglia di Nazareth: famiglia che si lascia attirare dalla semplicità della vita, che vive ogni giorno le fatiche del quotidiano, che sa amarsi e sostenersi… E’ un esempio che fa tanto bene alle nostre famiglie, le aiuta a diventare sempre più comunità di amore e di riconciliazione, in cui si sperimenta la tenerezza, l’aiuto vicendevole, il perdono reciproco. Ricordiamo le tre parole-chiave per vivere in pace e gioia in famiglia, che ci ha lasciato papa Francesco: permesso, grazie, scusa.
Quando in una famiglia non si è invadenti e si chiede “permesso”, quando in una famiglia non si è egoisti e si impara a dire “grazie”, e quando in una famiglia uno si accorge che ha fatto una cosa brutta e sa chiedere “scusa”, in quella famiglia c’è pace e c’è gioia.
Ogni famiglia deve prendere coscienza dell’importanza che ha nella Chiesa e nella società. L’annuncio del Vangelo, infatti, passa anzitutto attraverso le famiglie, per poi raggiungere i diversi ambiti della vita quotidiana. Invochiamo

 Maria Madre di Gesù e Madre nostra, e san Giuseppe, suo sposo. Chiediamo a loro di illuminare, di confortare, di guidare ogni famiglia del mondo, perché possa compiere con dignità e serenità la missione che Dio le ha affidato.

Aspettiamo tutte le famiglie della nostra comunità:
DOMENICA 18 GENNAIO – ore 16.00 –

nel salone dell’oratorio per una mega TOMBOLATA FORMATO FAMILY!

Una luce per la pace

candele

Un nuovo anno, tempo di ricominciamento….e come dice il proverbio “chi bene comincia è a metà dell’opera”. Però, cominciare da?? Quante iniziative ci vengono proposte in questo mese di Gennaio per…ricominciare: il 1° gennaio è stata la Giornata mondiale della Pace; il 14 gennaio il nostro Arcivescovo Mons. Delpini ha aperto il Sinodo minore “La Chiesa dalle genti”; il 17 gennaio ci sarà la Giornata dell’Ebraismo; dal 18 al 25 gennaio sarà la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani. Ognuno può – in questi ambiti – trovare il modo di impegnarsi, magari anche solo con la preghiera, per cercare un cammino nuovo insieme a sorelle e fratelli cristiani, ma ancor di più insieme a sorelle e fratelli in umanità, ricordando che Gesù è venuto “per voi e per tutti”.

La nostra comunità si ritrova insieme in un momento di riflessione sabato 27 gennaio alle ore 21, in chiesa, in una Veglia per la Pace alla quale siamo tutti chiamati a partecipare, anche insieme ai nostri figli per sensibilizzarci sul tema della Pace, per chiedere la Pace bene di tutti e per tutti, sapendo che la Pace cammina con la giustizia.

Vi invitiamo a chiamare anche gli amici e conoscenti che hanno il desiderio di essere “Luce per la Pace”.

Attraverso questa occasione di preghiera vorremmo donare un piccolo aiuto a chi soffre a causa della guerra: facendo una libera offerta, ognuno sarà chiamato a prendere un lumino da riportare sabato 27 gennaio alla preghiera.

Al termine della Veglia faremo un piccolo “gesto” significativo; ogni partecipante accenderà il suo lumino, e tutti i lumini formeranno la scritta Pace nel nostro campo da calcio. La luce resterà accesa, segno di preghiera continua.

Sarà possibile prendere i lumini da lunedì 22 a venerdì 26 in oratorio dalle 16,30 alle 19,00. Il ricavato delle offerte andrà alla Comunità di Sant’Egidio, in particolare al progetto Corridoi Umanitari per i Profughi.

Insieme si può.

Shoah: per non dimenticare

giornata della memoria

1945-2018

Sono passati ormai 73 anni, ma quello che avvenne il tempo, non potrà mai cancellarlo. Per chi lo ha vissuto, vive e vivrà per sempre con quei terrificanti ricordi, alcuni ancora indelebili sulla pelle; per chi non c’era, non può fare altro che provare ad immaginare l’immenso dolore che si respirava nell’aria, aiutandosi con i testi di scuola, i libri e i documentari. 

Per quanto riguarda i numeri, essi sono impressionanti: le vittime dell’olocausto sono 5.978.000, circa il 40% dell’ebraismo mondiale, la maggior parte delle quali vivevano in Polonia e URSS. 

Per quanto riguarda le persone, invece, il bilancio cresce a dismisura. Oltre alle vittime  dell’Olocausto vi sono anche le famiglie di esse, gli amici e i parenti; Figli che si sono visti portare via i genitori davanti agli occhi e che ancora sperano di vederli tornare; mogli, le cui preghiere non hanno mai spesso di echeggiare nelle case, nelle chiese, sotto le coperte, davanti alle finestre, per dare ai propri cari la pace lassù in alto e a loro la speranza di poterli riabbracciare in un futuro non troppo lontano; e le grida, le urla, le lacrime che aleggiano ancora nei campi di sterminio, ormai abbandonati e oggetto di visite turistiche. 

Vi siete mai trovati a visitare un campo di concentramento? Solo varcare il cancello maledetto di quel posto ti fa sentire il gelo nel cuore. Un uscio che tu puoi passare anche in uscita, ma che, per quelli che vi sono entrati un tempo, significava morte certa. L’immagine che ti si prospetta dinanzi è una distesa di campi immensi, vuoti, tetri, costeggiati ai lati da baracche di legno in cui l’unico modo per sopravvivere al freddo dell’inverno era ammassarsi sui sudici letti scomodi e scaldarsi con il calore che emanava la persona di fianco a te. E di giorno? lavori inutili erano d’obbligo: spostare sacchi e sacchi di sabbia da un lato all’altro del campo, fondere ferro per costruire oggetti di nessuna utilità per morire di fame, freddo e solitudine. Quando visitai il campo di Dachau, in Germania, con il gruppo giovani della parrocchia, i miei occhi erano pieni di paura, tristezza e un brivido mi percorse tutto il corpo; trovai un freddo che mi fece gelare le mani e i piedi nonostante il cappotto pesante, una pioggia torrenziale accompagnata da chicchi di grandine grandi come pugni e quelle foto appese, prove di persone dai cui occhi non traspariva nessun sentimento, ormai incapaci di provare tristezza e ormai coscienti che il loro destino era ormai segnato. In fondo, in un luogo appartato, vi erano i forni crematori, sempre accesi, sempre funzionanti. Prima di uscire per tornare alla realtà, come se quella visita fosse avvenuta mettendo in pausa la mia vita, mi voltai e mi parve di vedere quelle milioni di persone che sono passate o rimaste in quel luogo. 

Ippocrate scrisse un giuramento, tuttora in vigore nel campo medico, in cui non dovesse esistere nessuna discriminazione di età, sesso, razza, religione, nazionalità, classe sociale e orientamento politico. Primo Levi scrisse che ogni uomo, dal più misero al più potente, dal più povero al più ricco, avesse il diritto di essere considerato uomo! E un certo Gesù di Nazareth predicava l’amore partendo dai più piccoli. 

Vi domando allora: può mai esistere un uomo, definito tale con pregi e difetti, che abbia il potere di scegliere chi ha il diritto di vivere e chi non ne è degno? 

Il 27 Gennaio, nel giorno della memoria, fermate la vostra vita per un minuto: smettete di battere sui tasti del computer, di rispondere al telefono, di fare la spesa, di camminare e rivolgendo il vostro sguardo al cielo pregate per coloro che si sono visti portare via la propria famiglia, la propria dignità, il proprio diritto alla vita!

“E’ avvenuto, quindi può accadere di nuovo ”                    -Primo Levi-

Per non dimenticare…

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